Notiziario n. 86 del 20 settembre 2025

Ipotesi di adeguamento delle pensioni da gennaio 2026

Rivalutazione pari all’1,7% fino a 4 volte il Trattamento Minimo.
Attesa per il pronunciamento della Corte Costituzionale sulle “fasce”


Con comunicato stampa del 16 settembre u.s., ISTAT ha reso noto che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, ha registrato in agosto un aumento dello 0,1% su base mensile e dell’1,6% su base annua (da +1,7% del mese precedente di luglio), una decelerazione essenzialmente dovuta alla flessione dei prezzi dei beni energetici a fronte, sempre rispetto a luglio,  di una accelerazione dei prezzi nel settore alimentare (+ 0,1) e con una crescita su base annua dei prezzi del “carrello della spesa” (+ 0,2%).

Nello stesso comunicato, ISTAT ha precisato che “l’inflazione acquisita per il 2025 è pari a +1,7% per l’indice generale”, e questo si rifletterà ovviamente sulla c.d. “perequazione” degli assegni pensionistici.

La “perequazione” delle pensioni è un meccanismo che determina annualmente la loro rivalutazione sulla base del tasso di inflazione rilevato da ISTAT al fine di adeguarle al maggiore costo della vita e di tutelare il loro potere di acquisto eroso dall’inflazione (che c’è stata anche in questo 2025, e in misura pure superiore al 2024) e viene operata in via provvisoria, salvo successivo conguaglio, in rapporto all’indice definitivo fissato da ISTAT.

A breve, forse già nel prossimo mese di ottobre, il MEF emanerà – di concerto con il Ministero del Lavoro – il decreto interministeriale ai fini della perequazione automatica delle pensioni e del loro adeguamento. 

A tal proposito, preso atto dell’inflazione acquisita per il 2025, si può ipotizzare per il 2026 un indice di perequazione pari all’1,7%, il che porterebbe ad un aumento delle pensioni in misura superiore rispetto a quanto avvenuto nel 2025 – quando l’aumento è stato dello 0,8% (si veda il nostro Notiziario n. 93 del 2 dicembre 2024) – e con un costo complessivo 2026 per le finanze pubbliche che è stato stimato in circa 6 mld di €.

Un costo, questo, che potrebbe significativamente ridursi se la rivalutazione delle pensioni avvenisse, come appare molto probabile atteso che sinora non sono state ipotizzate modifiche legislative al riguardo, con il meccanismo delle “fasce” introdotte dalla legge di bilancio 2023 e poi rimodulate da ultimo con la legge di bilancio 2025, che hanno di molto alleggerito gli oneri a carico della finanza pubblica.

Le regole attuali di perequazione delle pensioni, per come fissate dalla legge di bilancio 2025, sono in rapporto al c.d. “trattamento minimo” (TM) di pensione – oggi pari a 616,67 € lordi – e avrebbero i seguenti effetti: 

  • le pensioni fino a 4 volte il TM, che godono di una rivalutazione piena del 100 %, crescerebbero dell’1,7%; 
  • le pensioni superiori a 4 volte e fino a 5 volte il TM, con rivalutazione del 90%, crescerebbero dell’1,53%;
  • le pensioni superiori a 5 volte il TM, che godono di una rivalutazione del 75%, crescerebbero dell’1,275%.

In termini concreti, in caso di conferma delle predette regole in sede di legge di bilancio 2026, a partire da gennaio p.v., i pensionati dovrebbero ottenere i seguenti incrementi in moneta:

  • una pensione lorda mensile di 1.500 € avrebbe un aumento di € 25,5 €, salendo così € 1.525,50; 
  • una pensione lorda mensile di 2.700 € avrebbe un aumento di € 41,31 €, salendo così € 2.741,31;
  • una pensione lorda mensile di 4.000 € avrebbe un aumento di € 51 €, salendo così a € 4.051,00.

L’incremento risulterebbe dunque più che raddoppiato rispetto al 2025 per le pensioni fino a 4 volte il TM.

Per completare questo giro di orizzonte sulla perequazione 2026 delle pensioni, dobbiamo ricordare che è in agenda per il 21 ottobre p.v. l’udienza pubblica in Corte Costituzionale, a seguito delle ordinanze di remissione della Corte di Conti di Emilia R. e Valle d’A., sul ricorso di alcuni pensionati per violazione dell’art. 53 Cost. per la parziale perequazione delle pensioni superiori a 4 volte il TM varata con L. di bilancio 2023.

Ove la Corte Cost. dichiarasse l’illegittimità della norma, INPS dovrebbe ricalcolare la perequazione di tutti i pensionati interessati, e la vigente norma sulle fasce verrebbe cancellata già a partire dalla L. di bilancio 2026.

Nel ricordare il dissenso più volte espresso dalla nostra O.S. sulla scelta delle “fasce di perequazione” fatta solo per fare cassa con le pensioni, seguiremo gli sviluppi del ricorso e ne daremo conto nei nostri Notiziari.


A del Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati della Federazione FLP


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