Notiziario n. 97 del 11 ottobre 2025
L'intelligenza artificiale rischia di rallentare il turn over anche nella PA
Articolo a cura di Marco Carlomagno, Segretario Generale FLP e Andrea Viliotti, Consulente Strategico AI, pubblicato su HUFFPOST l’ 8 ottobre 2025
Una ricerca della Harvard University sul mercato del lavoro qualificato statunitense delinea un cambio di paradigma anche per la pubblica amministrazione e le imprese italiane dovuto all’IA generativa, evidenziando il rischio di rendere l’accesso dei giovani nel mondo del lavoro ancora più difficile.
L’intelligenza artificiale generativa rischia di bloccare il turn over e di rendere l’accesso dei giovani nel mondo del lavoro ancora più difficile. Questo è quanto si apprende da una ricerca della Harvard University sul mercato del lavoro qualificato statunitense che delinea un cambio di paradigma anche per la pubblica amministrazione e le imprese italiane. A differenza delle precedenti ondate tecnologiche, che premiavano la flessibilità mentale dei giovani, infatti, l’intelligenza artificiale generativa inverte questa tendenza. Abbassando la soglia di competenza tecnica per l’utilizzo, ha alzato drasticamente quella di dominio specifico: per sfruttarla al meglio, l’esperienza nel proprio campo diventa più importante dell’agilità digitale.
Dai dati Usa emerge un primo effetto concreto, misurato sulle aziende pioniere che già utilizzano queste tecnologie: a partire dal 2023, le imprese che hanno integrato l’IA hanno ridotto l’occupazione junior del 7,7% rispetto a quelle non adottanti. Questo dato, pur circoscritto, è un indicatore precoce di una tendenza più ampia, destinata a diffondersi in tutto il tessuto produttivo e nella PA data la natura trasversale dell’IA generativa.
Il meccanismo alla base di questo cambiamento non risiede nei licenziamenti, ma in un drastico crollo delle nuove assunzioni di profili junior (circa -22%). L’IA sta automatizzando le mansioni cognitive di routine – raccolta di dati, stesura di bozze, analisi di primo livello – che da sempre costituiscono il tirocinio formativo dei neoassunti.
Per la PA italiana, tale fenomeno rappresenta un potenziale rischio sistemico. Con l’adozione progressiva di questi strumenti, l’impatto potrebbe erodere la base della piramide amministrativa, composta da funzionari le cui competenze istruttorie sono maggiormente esposte all’automazione.
Il modello tradizionale del concorso pubblico, basato sulla verifica di conoscenze generali, rischia di diventare obsoleto, selezionando profili con competenze già sostituibili dall’IA. Sebbene l’impiego pubblico goda di protezioni contrattuali, il blocco del turnover rappresenta uno scenario realistico, aggravato dalla ritardata attuazione dei nuovi ordinamenti professionali e dalla mancata attivazione dell’Area delle elevate professionalità.
Questa situazione minaccia di creare un “gap generazionale” che priverà la dirigenza pubblica di un vivaio di futuri quadri qualificati ed esperti, compromettendo il diritto alla carriera e il rinnovamento generazionale dell’amministrazione.
L’esperienza delle imprese statunitensi che già utilizzano l’IA, infatti, anticipa un futuro amplificato dalla struttura produttiva italiana. In Usa nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, ad esempio, le aziende che impiegano l’IA hanno già ridotto le assunzioni di junior di circa il 40%. Man mano che l’adozione si diffonderà anche in Italia, il rischio è che le grandi imprese iper-produttive che già oggi hanno un tasso di adozione dell’AI del 32,5% (dati ISTAT) smettano di assumere giovani per ruoli d’ingresso, mentre le PMI, non innovando (l’uso dell’AI è fermo al 7,7%), perdano competitività e la capacità di creare nuove opportunità di lavoro per i giovani.
La ricerca suggerisce inoltre un ipotetico impatto differenziato in base al livello di istruzione, con un andamento a “U”. Traslando questo schema sul sistema italiano, ad essere meno colpiti potrebbero essere i possessori di lauree magistrali, le cui competenze complesse sono complementari all’IA, e i diplomati, il cui minor costo del lavoro li protegge dalla sostituzione. La fascia più vulnerabile appare quella intermedia, dei possessori di lauree brevi, i cui percorsi di inserimento sono spesso caratterizzati da mansioni procedurali che l’IA può automatizzare in modo vantaggioso. Per l’Italia, ciò potrebbe tradursi in una svalutazione dei percorsi formativi intermedi e un declassamento per un’ampia fascia di giovani qualificati.
Sebbene la ricerca di Harvard si basi su dati ancora parziali, la tendenza emergente non va ignorata e rende urgente un massiccio investimento sulle competenze, anziché su inefficaci controlli burocratici. Diventa cruciale una duplice strategia formativa: per i lavoratori attuali, sviluppare un uso critico dell’IA per supervisionarne i risultati; per i giovani, un’istruzione focalizzata su pensiero critico e problem-solving. L’obiettivo è governare la tecnologia, valorizzando l’esperienza umana con la formazione continua.
La sfida non è impedire l’adozione dell’IA, ma gestirne l’integrazione in modo da preservare le opportunità per le nuove generazioni, evitando che il progresso tecnologico si traduca in esclusione giovanile e impoverimento del capitale umano futuro.
Rassegna Stampa FLP